Neurochirurgo

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Dr. Caputi

Cos’è la stenosi

Stenosi lombare, indica il restringimento del canale che attraversa la colonna vertebrale lombare. Qui passano le radici nervose lombari, che dal midollo spinale raggiungono gli arti inferiori. Lo spazio a disposizione delle radici nervose si riduce con compressione, infiammazione, dolore e deficit. Quasi sempre la stenosi è di natura degenerativa, cioè da “usura” o invecchiamento delle strutture vertebrali. La correzione richiede spesso un intervento chirurgico, possibilmente mininvasivo per favorire la ripresa e ridurre le complicanze.

La Stenosi Vertebrale Lombare
Fig. 1. Mostra l'aspetto tipico della stenosi vertebrale e le sue conseguenze cliniche

Chi colpisce

Interessa per lo più le persone sopra i 50 anni ed è conseguente all’ “usura” ed alla degenerazione delle strutture articolari. Il problema principale della stenosi lombare è la strozzatura del sacco durale e delle radici nervose. La stenosi si produce per alterazione della parte ossea (le vertebre), dei dischi intervertebrali e dei legamenti che li uniscono, in particolare i legamenti gialli. La stenosi lombare congenita è molto rara e si manifesta in gioventù, soprattutto con dolore. Va inquadrata a parte.

Quali le strutture interessate

La stenosi lombare degenerativa, interessa quattro strutture fondamentali:

  1. I dischi: perdono il contenuto idrico e quindi parte del loro potere ammortizzante. Il contenuto idrico conferisce ai dischi “viscosità” e la capacità di “ammortizzare” i movimenti del corpo. Peraltro, l’anello di contenimento esterno del disco (anulus) si fessura e deborda oltre i limiti normali, sporgendo nel canale vertebrale.
  2. I legamenti: tengono normalmente le vertebre tra di loro e rivestono il canale vertebrale. Con l’età cedono e le vertebre acquistano maggiore mobilità reciproca. Ciò conduce ad un’ ipertrofia dei legamenti gialli, che sporgono nel canale vertebrale più del dovuto.
  3. Le vertebre: le vertebre sono le ossa disposte una sull’altra con l’interposizione dei dischi vertebrali a formare la colonna vertebrale. Sono tenute insieme dai legamenti. Con l’età perdono le loro caratteristiche di resistenza e si deformano. In aggiunta la lassità legamentosa permette una mobilità reciproca anomala ( La mobilità eccessiva determina la formazione di osteofiti sui bordi vertebrali e la ipertrofia delle faccette articolari) . Gli osteofiti e “le faccette articolari ipertrofiche” contribuiscono marcatamente al restringimento del canale e quindi determinano la stenosi lombare.
  4. Le faccette articolari deformandosi, interferiscono con il decorso della radice nervosa (“nervo”) e causano dolore lungo gli arti inferiori. Il dolore può essere di tipo sciatico (parte posteriore dell’arto) o cruralgico (parte anteriore dell’arto).

Micro-instabilità lombare.

L’allineamento delle vertebre tra di loro si modifica e le curve proprie della colonna vertebrale si alterano. Normalmente a livello lombare la colonna è curva (lordosi) come si riscontra facilmente passandosi una mano sul fondo schiena. Un eccesso di curvatura (iper-lordosi) per effetto dei cambiamenti patologici cui la colonna va incontro o la mancanza di curvatura (rettilineizzazione) si ripercuotono sul funzionamento della colonna vertebrale. Le conseguenti anomalie di carico “stressano” alcune strutture più che altre, spesso le faccette articolari, con infiammazione e dolore.

Quali i sintomi

La stenosi lombare si caratterizza per il dolore e la debolezza degli arti inferiori, i sintomi più frequenti. Il dolore può essere locale, ossia lombare, spesso irradiato lungo il decorso del nervo di Luska, o di tipo radicolare. Spesso è di tipo sciatico o cruralgico con “parestesie“, ossia senso di intorpidimento. Esso aumenta con la deambulazione (claudicatio neurogenica) ed è influenzato dalla posizione. La postura stessa può modificarsi con “atteggiamento antropoide”, per uno sbilanciamento (flessione) in avanti del tronco (vedi figura 1). Eccezionalmente intervengono disturbi sfinterici e sessuali. Il dolore lombare non è sempre presente.

Come si manifesta

Il paziente lamenta dolore e difficoltà nel camminare. Lo specialista ricerca i segni della sofferenza radicolare o nervosa. Infatti manovre come il  “Laségue” per il nervo sciatico ed il Laségue  inverso o segno di Mackiewicz  per il nervo femorale, evocano dolore e dimostrano una sofferenza radicolare rispettivamente nel territorio del nervo sciatico e femorale. 

La negatività di queste manovre non esclude la stenosi. La postura è però sbilanciata in avanti e la deambulazione incerta. Debolezza muscolare e parestesie degli arti inferiori spesso si manifestano durante la visita. Si può misurare la distanza che il paziente riesce a percorrere prima di doversi fermare per la sensazione di cedimento delle gambe o dolore / parestesie. Altri dettagli oggettivi si ricavano dalla elettromiografia e dagli esami radiologici.

Bisogna valutare l’entità, la sede del restringimento stenotico e le radici coinvolte. In genere è coinvolto un solo livello o al massimo due. La stenosi lombare interessa usualmente L3-L4 e più ancora L4-L5. La diagnosi differenziale deve includere varie condizioni tra cui la più importante è l‘insufficienza vascolare (vasculopatia) degli arti inferiori e la coxartrosi (artrosi dell’anca), il cui riconoscimento è evidente già all’esame clinico.  L’elettromiografia evidenzia il deficit e l’ irregolarità più o meno marcata dell’innervazione muscolare. Per valutare la condizione di stabilità delle vertebre interessate, può essere necessario praticare una radiografia della colonna vertebrale in flesso-estensione. L’evidenza principale viene però dalla Risonanza Magnetica o dalla TC, che mostrano il “restringimento” del canale ed i rapporti relativi tra le strutture coinvolte nella stenosi lombare. Sono da considerare le “curve”  vertebrali: la perdita della lordosi ad un estremo, o l’ accentuazione della lordosi all’altro estremo indicano il malfunzionamento della colonna vertebrale e vanno considerate nel formulare le indicazioni chirurgiche.

Terapia chirurgica

La stenosi lombare implica un restringimento ed è logico pensare di “allargare” il canale là dove è stretto. La laminectomia e l’artrectomia rappresentano il trattamento di base, modificabile in rapporto alle caratteristiche del paziente, alle necessità chirurgiche, alla strumentazione disponibile ed alle preferenza dell’operatore. Fondamentalmente distinguiamo:

  • laminectomia ed artrectomia mediale con foraminotomia mono o plurisegmentale unilaterale
  • laminectomia parziale, foraminectomia e flavectomia “mirata” sui segmenti e sulle radici sofferenti, bilateralmente
  • laminectomia parziale, foraminectomia e flavectomia “mirata” sui segmenti e sulle radici sofferenti con blocco interspinoso, mediante protesi in titanio o altro materiale
  • laminectomia, più o meno estesa ed eventuale stabilizzazione con viti e barre
  • Intervento mininvasivo con distanziatore interspinoso. Si tratta di un nuovo tipo di intervento, il cui scopo è quello di distrarre i forami di coniugazione e rinforzare le capacità di carico della colonna vertebrale. Viene trattato a parte (segui il link). Per approfondimenti sul concetto di mininvasività consulta qui.
  • Stabilizzazione percutanea
  • stabilizzazione a 360° con protesi intersomatica

La sequenza di immagini mostra l’allargamento del canale vertebrale secondo varie metodiche: L’inserzione di uno spaziatore vertebrale, un’osteotomia “mirata” + uno spaziatore, l’allineamento vertebrale mediante barre e viti percutanee, mediante barre, viti percutanee e spaziatore, ed infine mediante stabilizzazione a 360°.

In pratica tutto questo significa “fare spazio” intorno alle radici (“nervi”) sofferenti, allargando il canale vertebrale. Gli spaziatori inter-spinosi o se necessario la stabilizzazione, bloccano la colonna nel tratto interessato dalla stenosi lombare. Infatti movimenti troppo ampi, particolarmente in estensione, possono produrre un ulteriore sofferenza nervosa per eccessiva sporgenza del connettivo nel canale o per instabilità vertebrale. 

C’è la tendenza da parte di molti colleghi a fare stabilizzazioni piuttosto estese. Fermo restando che alcune volte è necessario, è illusorio pensare che un allineamento vertebrale perfetto corrisponda ad una guarigione. Infatti viene a mancare uno degli elementi che rende unica e funzionale la colonna vertebrale: l’elasticità !

A partire dal 2000 abbiamo spesso praticato la laminectomia parziale con eventuale blocco inter-spinoso. L’intervento viene effettuato con il microscopio ed il turbotrapano, talora in anestesia locale come si vede nel filmato. La cicatrice chirurgica è molto limitata e mantiene i rapporti articolari “normali”.

Dallo spesso periodo usiamo la stabilizzazione percutanea, che corregge le condizioni di micro-instabilità. I corpi vertebrali, i cui rapporti si sono modificati per effetto della degenerazione del disco e l’ipertrofia ossea e legamentosa, vengono “stabilizzati” con barre e viti. Il recupero post operatorio è rapido e le complicanze hanno un’incidenza percentuale bassa, minore rispetto a tecniche più aggressive.

La “stabilizzazione” blocca i movimenti anomali e distende i tessuti ipertrofici tra vertebre contigue. Essa crea “spazio” la dove è la stenosi e blocca la motilità delle vertebre malfunzionanti. Infatti è l’eccessiva mobilità delle vertebre con la deambulazione che genera la “claudicatio neurogena”. La stabilizzazione allarga anche i forami di coniugazione, dove transitano le radici nervose, curando anche il dolore di origine radicolare.

Forme di stabilizzazione più complesse vanno riservate, a nostro giudizio,  alle spondilolistesi oltre il I grado con deformazioni cifoscoliotiche gravi.

Nello scegliere la tecnica chirurgica, bisogna distinguere caso per caso, applicando come un “sarto” la tecnica giusta per il paziente in esame. A volte, per esempio nei pazienti anziani, bisogna limitare l’aggressività chirurgica. Normalmente la scelta della tecnica chirurgica si basa sulle cause che hanno provocato i sintomi e sulle aspettative del paziente in esame.

La sequenza di immagini mostra l’allargamento del canale vertebrale ottenuto con tecniche diverse a seconda delle necessità e delle preferenze del chirurgo: L’inserzione di uno spaziatore vertebrale, un’osteotomia “mirata” + uno spaziatore, l’allineamento vertebrale mediante barre e viti percutanee, mediante barre, l’allineamento combinato utilizzando viti percutanee e spaziatore, ed infine l’allineamento vertebrale ottenuto combinando viti percutanee e protesi intersomatica, ossia in questo caso una stabilizzazione a 360°.

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