Un sorriso strano era comparso sul viso tranquillo della signora M.R.
Il sorriso “strano”, ossia “la bocca storta” si era notato la prima volta in prossimità del Natale 2002.
Si era pensato ad una paresi facciale da freddo (“a frigore”, come si dice in termini tecnici), ma poi non guariva, come di solito avviene, senza lesciare traccia. Si pensò bene di approfondire con una Risonanza Magnetica, che rivelò la causa di questa anomalia: un meningioma di circa 3 cm. premeva sul nervo facciale e spiegava lo strano sorriso!
Lo sgomento era in parte temprato dal fatto che il meningioma è, per definizione, un tumore benigno. L’angoscia riafforava quando lo specialista spiegava alla signora MR ed ai familiari che il tumore, benchè benigno, si era sviluppato in uno dei posti più difficili da raggiungere ed era suscettibile di crescita ulteriore, con danni aggiuntivi sulle strutture nervose ed al limite anche per la vita.
Cosa fare ?
Allo sgomento subentrava la necessità di una decisione. All’ansia del cos’è, subentrava l’ansia della scelta terapeutica più adeguata. Venivamo consultati e spiegavamo le possibilità terapeutiche che fondamentalmente si riducevano a tre:
- aspettare e monitorare la crescita del meningioma, intervenendo solo qualora avesse dato segni di ulteriore crescita
- radiochirurgia stereotassica
- l’intervento chirurgico.
Era questa l’opzione che noi suggerivamo, in considerazione del fatto che per quanto rischioso e difficile, l’intervento avrebbe consentito di liberare il nervo facciale con possibile recupero dei movimenti del volto dal lato paralizzato. Il vantaggio principale sarebbe stato quello di estirpare o ridurre drasticamente la massa tumorale impedendo che il tumore, lasciato a sè ed espandendosi, danneggiasse ulteriormente le strutture circostanti. Sarebbero stati a rischio, la sensibilità del viso, la coordinazione dei movimenti, l’udito, la deglutizione ed infine le funzioni cardiocircolatorie e respiratorie con coma e morte nel caso di un’evoluzione estrema ed incontrollabile.
L’intervento
La signora ed i suoi familiari accolsero il suggerimento. L’intervento consisteva nell’apertura di una delle parti più basse e posteriori del cranio, subito dietro e sotto l’orecchio. In termini tecnici si parla di approccio retrosigmoideo, uno dei pià difficili e delicati da eseguirsi per la ricchezza di strutture “sulla via”, ma uno dei migliori per il controllo del nervo facciale, dell’udito e per la riuscita dell’intervento. Questo poteva essere effettuato in posizione seduta o semiprona (park bench). Fu scelta la posizione semiprona per evitare il rischio di embolie gassose, talora fatali, per quanto più scomoda per il chirurgo.
Con l’ ausilio di un turbotrapano fu scoperto il seno sigmoideo e rimossi circa 3 cm quadrati di osso raggiungendo la parte più laterale del cervelletto. A questo punto col microscopio operatorio fu esposto il tumore, con impianto nella parte più profonda dell’angolo ponto cerebellare. Si visualizzò il nervo facciale che venne costantemente monitorato con l’aiuto della dr.ssa Conti, responsabile del servizio di neurofisiopatologia al S. Filippo Neri, e con la bipolare ed il coblatore, il tumore venne dapprima svuotato e poi rimosso in blocco con risparmio del nervo facciale.
Il decorso post-operatorio
La signora si svegliò regolarmente, ma per prudenza fu tenuta due giorni in terapia intensiva.
In reparto cominciò ad alzarsi e riferì un miglioramento del movimento del facciale, potendo gonfiare le gote e chiudere con più efficacia l’occhio destro, cosa che prima non poteva fare. Il sorriso finalmente si avvicinava alla normalità e soprattutto era più sereno. Un controllo RM dimostrò la rimozione del tumore ed è riportata nella figura a sinistra.
A destra la signora “sorride” ad oltre un anno dall’intervento, eseguito il 22 giugno 2003. La motilità del viso si è normalizzata e la signora può sorridere. L’ultima risonanza è normale ed esclude la presenza di recidive.