Neurochirurgo

Dr. Caputi

Il cavernoma cerebrale rappresenta una malformazione vascolare “benigna”, rilevato casualmente nella maggior parte dei casi.

Il cavernoma, una volta rimosso nel suo aspetto reale di circa 3 cm, in questo caso

L’incidenza, ossia la presenza di cavernomi nella popolazione generale, è dello 0,5% (cinque persone su 1000). Origina nel corso della vita e quindi evolve. Una quota minore è di origine congenita con una familiarità. Spesso in questi casi si osservano cavernomi multipli con alterazioni sul cromosoma 7, a livello dei geni CCM1, CCM2 e forse CCM 3 (sul cromosoma 3q) 1. Vi è peraltro evidenza di cavernomi indotti da un trattamento radioterapico pregresso 2.

Il cavernoma è costituito da un agglomerato di vasi dalla parete molto fragile, e quindi non ben differenziata, raccolti in una struttura tondeggiante “morula”, come un frutto di bosco. Spesso si trova associato un picciolo venoso, il picciolo da cui si stacca la “morula”. L’incompleto sviluppo della parete vasale, sottile e delicata, porta facilmente alla perdita di globuli rossi e di emoglobina nel tessuto circostante, che alla risonanza magnetica appare “macchiato” di un’impronta nera. L’aspetto finale con i moderni mezzi di indagine è quindi quello di un pop corn, ossia di una struttura bozzoluta, con un alone di densità diversa e con un diametro complessivo che può arrivare a qualche decina di millimetri. L’ alone “nero” indica micro sanguinamenti pregressi, e quindi depositi di emosiderina. Col tempo può aversi un’emorragia maggiore con un vero e proprio ematoma.

Sintomi – Come si manifesta il cavernoma

Il cavernoma, con il suo aspetto tipico di “morula” o pop-corn

Nel 70% dei casi si tratta di un riscontro occasionale, col cavernoma emerso nel corso di indagini effettuate per altri motivi. Per giunta si ritiene che almeno il 25% delle persone affette resterà asintomatico per tutta la vita.

Nella maggior parte dei casi, esso si presenta con epilessia (60%) o con deficit neurologico progressivo (50%). Occasionalmentee può presentarsi con idrocefalo o aumento della pressione intracranica (cefalea, nausea vomito disturbi visivi e sonnolenza), in dipendenza della sua sede e dimensione. Di solito le prime manifestazioni sono discrete, non drammatiche. Una volta sintomatico, però, il cavernoma tende ad accentuare gli effetti della sua presenza.

L’effetto più drammatico è l’emorragia. Il rischio è dello 0,5%-1% annuo per paziente. Dopo il primo episodio di sanguinamento massivo il rischio aumenta marcatamente, con valori del 4%-10% annuo. La pericolosità dell’emorragia, un evento sempre drammatico, è maggiore in alcune aree critiche, quali il tronco dell’encefalo.

Diagnosi

Il cavernoma, con il suo aspetto tipico di “morula” o pop-corn.

L’esame diagnostico fondamentale è la risonanza magnetica. L’aspetto tipico è quello di un pop-corn, ben evidente delle immagini T2 pesate o gradient eco. La somministrazione di mezzo di contrasto ne cambia poco o niente l’apparenza. Pur trattandosi di vasi, l’angiografia risulta quasi sempre negativa, tranne quando mostra l’angioma venoso associato (la vena di scarico). Per questo si parla anche di malformazioni vascolari occulte (all’ angiografia, non alla risonanza magnetica!). La TC rileva il cavernoma, ma non con la stessa accuratezza della risonanza. Nel caso di cavernomi multipli o familiari è opportuno indagare con la risonanza anche il midollo spinale. Lo studio elettroencefalografico è di particolare rilevanza perché il cavernoma è tipicamente una lesione epilettogena. Quindi risulta necessario stabilire l’entità del fenomeno epilettogeno e le sue vie di propagazione, verificando la concordanza tra focolaio lesionale e focolaio “elettrico”. L’ellettroencefalogramma integra le informazioni ottenute con la risonanza.

Trattamento del cavernoma

Il trattamento può essere solo chirurgico e la radioterapia è inefficace. La chirurgia deve essere sempre presa in considerazione per i cavernomi sintomatici o in espansione. Non c’è dubbio quando il cavernoma si sia già manifestato con un’emorragia. Per i cavernomi in aree critiche occorre speciale attenzione chirurgica poiché si tratta di regioni particolarmente suscettibili al danno. In questo caso servono esperienza e strumenti di alta precisione

Il trattamento mira alla rimozione della “massa” che viene centrata ed asportata con l’ausilio del microscopio operatorio, limitando le manovre chirurgiche all’area lesa e rispettando il cervello sano, specie in areee cerebrali “nobili” (che controllano specifiche funzioni, parola, movimento etc). L’approccio, possibilmente di tipo “mininvasivo”, viene illustrato qui di seguito.

Metodiche chirurgiche – Approccio mininvasivo

La rimozione con il neuronavigatore, una metodica di precisione che ne consente la rimozione atttravero una piccola ferita

La rimozione con il neuronavigatore, una metodica di precisione che ne consente la
rimozione atttravero una piccola ferita. E’ possibile raggiungere la lesione “mirando” con precisione alla sua sede di impianto. Infatti con la ricostruzione computerizzata della lesione e la neuronavigazione si può calcolare la traiettoria “migliore” (meglio tollerata dal cervello), puntando alla lesione, attraverso un opercolo osseo di 2-3 cm e senza sacrificare i capelli. Il cavernoma deve essere rimosso, eventualmente delimitando ed eliminando i focolai epilettogeni. Le lesioni cerebrali profonde vanno raggiunte risparmiando la superficie corticale, parte “nobile” del cervello.

Per i cavernomi non affioranti, si percorre la via “naturale” di ingresso alla profondità dell’encefalo, attraverso i solchi, spazi in parte virtuali tra le circonvoluzioni (Approccio trans-sulcale). La prima immagine indica l’ingresso, la seconda immagine mostra la lesione che si affaccia al fondo del solco.

Discussione

Con l’avvento e la diffusione della TC e soprattutto della RM, un numero crescente di epilessie “tardive” (intervenute in persone adulte) svela la presenza di un cavernoma. E’ possibile che esso nel tempo abbia sanguinato depositando “emosiderina” nel parenchima circostante, responsabile dell’ “irritabilità” del cervello e c’è il rischio di ulterriori più gravi emorragie. Appare quindi logico proporne l’asportazione chirurgica. L’intervento, col paziente spesso in buone condizioni neurologiche, deve rispettare le strutture cerebrali sane. Ciò è più agevole con un approccio guidato, “mininvasivo”. Il quadro epilettico tende a migliorare, ma anche con i più sofisticati studi elettroencefalografici, riesce difficile prevedere l’entità del miglioramento. In genere la presenza di una o poche crisi rappresenta un fattore prognostico favorevole.

Complicanze

Sono quelle tipiche degli interventi entra cranici. Si tratta principalmente di infezioni, emorragie, danno alle strutture cerebrali circostanti. In linea di massima il rischio è accettabile, anche per persone senza manifestazioni cliniche in atto. Fanno eccezioni cavernomi in localizzazioni particolari, come il tronco cerebrale o il midollo spinale, in cui si richiede particolare precisione e delicatezza.

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