La nevralgia del trigemino (o nevralgia trigeminale) è una patologia caratterizzata da intensi dolori facciali parossistici. Quando la terapia farmacologica non è più sufficiente a controllare il dolore, si può ricorrere alla chirurgia. Gli approcci chirurgici principali sono di tre tipi: transcranico (chirurgia a cielo aperto intracranica), percutaneo (mini-invasivo attraverso la guancia) oppure radiochirurgico (es. Gamma Knife).
In questa sede ci concentreremo esclusivamente sulle tecniche percutanee, tralasciando la microdecompressione transcranica e la radiochirurgia, così da spiegare in modo chiaro ed accessibile come funzionano questi interventi mini-invasivi.
Vantaggi e caratteristiche degli interventi percutanei
Gli interventi percutanei per la nevralgia del trigemino sono procedure mini-invasive eseguite inserendo un ago attraverso la cute del viso fino alla base del cranio, sotto guida radiologica. In pratica, il chirurgo raggiunge il ganglio di Gasser – il ganglio trigeminale situato in una cavità ossea alla base del cranio da cui originano i tre rami del nervo – passando attraverso un piccolo foro naturale (il forame ovale).
Il paziente viene sottoposto ad anestesia locale e leggera sedazione, senza necessità di anestesia generale, così da non avvertire dolore durante la procedura. Mediante l’ausilio della fluoroscopia (raggi X in tempo reale) si verifica il corretto posizionamento dell’ago nel ganglio trigeminale.
L’obiettivo è bloccare selettivamente le fibre nervose responsabili del dolore trigeminale, risparmiando il più possibile le fibre destinate alla sensibilità normale del viso. Proprio grazie a questa mirata azione sulle sole fibre dolorifiche, l’intervento percutaneo comporta generalmente minori rischi rispetto alla chirurgia transcranica a cranio aperto.
Un grande vantaggio di queste tecniche è la loro tollerabilità nei pazienti, anche anziani o fragili. Non richiedendo un’operazione intracranica maggiore, possono essere affrontate anche in età molto avanzata (sono stati trattati con successo pazienti di oltre 90 anni) e comportano degenze brevi, quasi sempre poche ore. Infatti la maggior parte dei pazienti con nevralgia trigeminale sono persone anziane, per le quali un intervento con apertura del cranio sarebbe troppo gravoso; per questo l’opzione percutanea risulta la più praticata in assoluto.
Le percentuali di successo iniziale sono molto elevate: oltre il 90% dei pazienti ottiene l’abolizione immediata del dolore dopo la procedura. Nel lungo termine è possibile che il disturbo si ripresenti, ma circa il 50-70% dei pazienti rimane senza dolore a 5 anni dall’intervento. È importante sottolineare però che tutti gli interventi percutanei possono essere ripetuti in caso di recidiva del dolore, anche più volte nel corso della vita, senza precludere eventualmente la possibilità di passare a un intervento transcranico qualora l’intervento percutaneo non si astato efficace. In altri termini, le tecniche percutanee offrono un sollievo immediato in gran parte dei casi pur mantenendo un approccio conservativo: qualora il dolore dovesse tornare col tempo, la procedura può essere ripetuta oppure si potrà ancora valutare l’opzione chirurgica “aperta”.
Attualmente esistono tre principali tipi di intervento percutaneo per la nevralgia trigeminale. Tutti condividono la stessa via di accesso (l’ago attraverso il forame ovale fino al ganglio trigeminale), ma differiscono per la modalità con cui lesionano selettivamente le fibre del dolore:
- la rizotomia a radiofrequenza, che utilizza il calore generato da una corrente a radiofrequenza per creare una piccola lesione nelle fibre nervose;
- la rizotomia con glicerolo (detta anche glicerolisi), in cui si iniettano poche gocce di una sostanza chimica (glicerolo) che danneggia preferenzialmente le fibre dolorifiche;
- la microcompressione con palloncino, in cui un minuscolo palloncino viene gonfiato contro il ganglio per schiacciare temporaneamente le fibre nervose coinvolte nel dolore. Da precisare che questo tipo di intervento, benchè percutaneo, spesso richiede anestesia generale.
Conclusione
Queste tecniche, eseguibili in anestesia locale o generale a seconda del metodo scelto, permettono di trattare anche pazienti anziani o con condizioni mediche complesse. Pur con possibili effetti collaterali, come una temporanea riduzione della sensibilità, offrono un’alternativa valida alla chirurgia più invasiva. Inoltre, in caso di recidiva del dolore, l’intervento può essere ripetuto o si possono valutare altre strategie terapeutiche.
Ciascuna di queste tecniche percutanee viene analizzata a parte, illustrandone il funzionamento, i vantaggi e i possibili limiti.