Neurochirurgo

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Dr. Caputi

Nevralgia del trigemino di un’anziana signora

Sintomi dell’infiammazione trigeminale nel contesto di una storia vera La signora RR di 88 anni, di Treviso aveva cominciato ad avvertire molti anni prima un dolore nella parte media del viso, verso il labbro superiore, che la bloccava nel bel mezzo di un boccone o le interrompeva bruscamente un discorso. Un dolore fulminante, che si affacciava varie volte nella giornata, come un improvviso mal di denti, e le bloccava il viso in un’espressione sgomenta. Per questi sintomi era stata dal dentista che le aveva curato più di un dente asportandole un molare. Per qualche giorno era stata meglio; ma poi il dolore si era riaffacciato improvviso e violento. Aveva implorato il dentista di levarle ancora altri denti, ed aveva guardato delusa il suo diniego: forse era meglio che si facesse vedere da un neurologo. Aveva provato anche con l’agopuntura, ma il giovamento era stato lieve e di breve durata. Le sembrava di impazzire, qualcuno dei suoi familiari dubitava della sua salute mentale, specie quando nel bel mezzo di un discorso s’ interrompeva portandosi una mano alla guancia ed il suo viso si contorceva in una smorfia. Il neurologo finalmente le diede un pò di speranza: si trattava di nevralgia trigeminale

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Elena che preferisce la terapia medica

La signora E.G. di 42 anni, sportiva e dinamica, oltre che eccellente manager s’era scontrata con il primo serio malanno della sua vita: un dolore lombosciatalgico che l’aveva costretta a rinunciare al ciclismo, suo sport preferito. Dapprima aveva avvertito qualche dolore lombare che prontamente scompariva con l’Aulin o farmaci simili. Poi un giorno, sei mesi prima, era rimasta bloccata da un violento dolore occorso mentre “traslocava”. Il dolore l’aveva costretta a letto per quasi una settimana. Qualsiasi movimento, anche uno starnuto, lo intensificava. Se poi cercava di allungare la gamba “vedeva le stelle” ed il gluteo, la coscia, il polpaccio rimanevano contratti in un violento crampo. Dopo una quindicina di giorni il dolore era andato attenuandosi, ma era costretta a muoversi con molta cautela ed a portare con sé sempre qualche antidolorifico, a parte gli antinfiammatori che assumeva costantemente. Quando aveva ricominciato a lavorare, la sedia era diventata uno strumento di tortura, e nei momenti più impensati era costretta ad alzarsi e cercare un giacigli per distendersi. La risonanza magnetica che qui sotto presentiamo dimostrò la presenza di una frammento discale espulso (estruso). Fu a questo punto visitata riscontrando i tipici segni della sofferenza radicolare, ossia Lasègue, riduzione del riflesso

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Ernia del disco lombare di Roberta

L’allarme: un dolore “paralizzante”alla gamba “Ernia del disco lombare”: la signora R.R. 32 anni, figlia di medico, fisico asciutto e ben formato, ne aveva sentito parlare spesso sin da piccola, ed a volte aveva visto qualche paziente con la mano sulla schiena che si rivolgeva al papà. Ora, donna matura, lamentava ella stessa sporadiche lombalgie, che che però sparivano senza lasciar traccia con una compressa di Voltaren. Più di recente, (settembre 2002) prendendo la figlia in braccio, avvertiva un leggero fastidio lungo la schiena e fino alla gamba, che a volte era particolarmente intenso. Cominciò allora a pensare a quella frase che aveva sentito tante volte e ne parlò col papà. “Una modesta sciatica” la rassicurò il papà, che le consigliò una terapia medica. Il seguito La signora notò, che nonostante le medicine attenuassero il fastidio di fondo, accadeva che il minimo movimento, o anche uno starnuto, le causasse dolore lungo la gamba destra, finché dopo qualche giorno accadde qualcosa di nuovo. Alzandosi dal letto, una mattina, un dolore violento la percorse dalla schiena fino alla gamba, con una sensazione di crampo “paralizzante”. Il dolore era concentrato soprattutto al gluteo ed al polpaccio, ed ogni minimo movimento accentuava la sofferenza.

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Giorgio e la coblazione

Erano quasi due anni che soffriva per il suo “amore”, la moto, poichè ogni volta che inforcava la sua Yamaha erano dolori. Senza contare le volte che rimaneva “bloccato”, “stregato” dal dolore. In termini più prosaici soffriva di lombosciatalgie recidivanti da circa due anni e la risonanza magnetica aveva dimostrato una doppia patologia: un’ernia del disco L4-L5 intraforaminale ed una protrusione L5-S1. Il quadro clinico La foto mostra Giorgio bloccato dal dolore. L’esame clinico e l’elettromiografia rivelavano una sofferenza della radice di L5, ossia erano consistenti con una soffernza del disco ad L4-L5. A questo punto Giorgio aveva iniziato il giro degli specialisti: uno gli aveva consigliato l’intervento di discectomia ad un livello, un secondo di discetomia a due livelli, un terzo aveva posto indicazione per la coblazione o, in alternativa, per la microdiscectomia. La scelta e le aspettative Si decise per la coblazione, ossia chirurgia percutaena dell’ernia del disco. Giorgio non aveva ancora ben chiaro cosa fosse. Era lo stesso del laser ? Se non era la stessa cosa quali erano le differenze e come si “faceva”? Quanti livelli operare e perchè ? Queste le risposte che gli furono date: Il laser brucia a caldo, il coblatore brucia a

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Ammalato di Meningioma

Il signor S. era stato condotto in ospedale perché improvvisamente notava una strana sensazione che gli saliva su dal piede e “marciava” in una manciata di secondi, verso l’inguine ed il tronco, poi tutto diventava sfumato e confuso. Si ritrovava col piede intorpidito e cedevole. Quell’ultima volta gli era rimasto anche un gran mal di testa. I medici del pronto soccorso lo portarono subito in radiologia per una prima valutazione TC. Nella confusione di quei momenti il responso suonava strano: una “massa” dai contorni regolari, con edema perilesionale, forse un meningioma della convessità. Gli dissero che veniva trasferito in Neurochirurgia. Cominciarono a somministrargli del cortisone, gli praticarono un elettroencefalogramma, cominciò la terapia antiepilettica e dopo qualche giorno praticò una risonanza magnetica con contrasto. Gli chiesero per questo se fosse portatore di pace-maker, se avesse protesi metalliche o comunque materiale magnetico impiantato nel corso di eventuali interventi precedenti o conseguente a traumi. Non capiva perché, solo voleva sapere di sicuro che avesse e quando sarebbe stato eventualmente operato e di che cosa. Nel colloquio coi medici, e col suo curante in particolare, erano emerse varie prospettive, lontane, ma che ora, a colloquio col chirurgo davanti al diafanoscopio per vedere le lastre,

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Meningioma dell’apice della Rocca con Paresi Facciale

Un sorriso strano era comparso sul viso tranquillo della signora M.R. Il sorriso “strano”, ossia “la bocca storta” si era notato la prima volta in prossimità del Natale 2002. Si era pensato ad una paresi facciale da freddo (“a frigore”, come si dice in termini tecnici), ma poi non guariva, come di solito avviene, senza lesciare traccia. Si pensò bene di approfondire con una Risonanza Magnetica, che rivelò la causa di questa anomalia: un meningioma di circa 3 cm. premeva sul nervo facciale e spiegava lo strano sorriso! Lo sgomento era in parte temprato dal fatto che il meningioma è, per definizione, un tumore benigno. L’angoscia riafforava quando lo specialista spiegava alla signora MR ed ai familiari che il tumore, benchè benigno, si era sviluppato in uno dei posti più difficili da raggiungere ed era suscettibile di crescita ulteriore, con danni aggiuntivi sulle strutture nervose ed al limite anche per la vita. Cosa fare ? Allo sgomento subentrava la necessità di una decisione. All’ansia del cos’è, subentrava l’ansia della scelta terapeutica più adeguata. Venivamo consultati e spiegavamo le possibilità terapeutiche che fondamentalmente si riducevano a tre: aspettare e monitorare la crescita del meningioma, intervenendo solo qualora avesse dato segni di

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La DREZ e la Paraplegia Dolorosa di Willem

La sua storia ha dell’incredibile, come riportato a suo tempo sul sito della ABC e sul sito della ARRL e della traveller world. Nel marzo 2000 Willem, un ragazzo di 13 anni, e la sua famiglia erano stati assaliti dai pirati al largo dell’Honduras. Durante l’attacco egli era stato colpito da un colpo di mitraglia alla colonna vertebrale ed al rene, salvandosi miracolosamente, ma con una paraplegia residua, ossia l’impossibilità a muovere le gambe. Il giorno successivo venne trasportato negli USA e subì un lungo intervento per salvargli la vita e nella disperata speranza di fargli recuperare la motilità degli arti inferiori. Willem riuscì a sopravvivere, ma da allora è paraplegico e ha sviluppato quasi subito un dolore intrattabile che parte dal tronco, e va giù per gli arti inferiori. Questa zona è indicata in rosso nella Figura n° 3 Ildolore è sempre presente con parossismi, specie quando la zona “trigger” (grilletto) è irritata anche da stimoli banali, quali il contatto con i vestiti. L’odissea del malato Ha provato varie terapie mediche. Al momento del ricovero assumeva Neurontin, Laroxyl Rivotril e Lioresal ad altissime dosi. In Olanda, dove vive con la Famiglia,gli specialisti Neurologi e Neurochirurghi consultati ritenevano che non

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