La Paraplegia dolorosa consegue ad un danno midollare quasi sempre di origine traumatica. Si tratta per lo più di fratture del tratto toraco-lombare per incidenti stradali, talora per atti criminali.
Il paziente ha perso in tutto o in parte l’uso delle gambe ed è costretto sulla sedia a rotelle, sempre o per gran parte del tempo. Talora il danno interessa un arto più dell’altro. Quasi sempre le funzioni sfinteriche, ossia minzione, erezione e defecazione sono alterate o gravemente compromesse.
Molti pazienti soffrono di dolore a livello del trauma originario, ma questo in genere non è molto intenso e non è diverso da quello sperimentato da pazienti con trauma vertebrale non complicato da lesioni midollari. Questo tipo di dolore compare immediatamente dopo il trauma e per fortuna recede nel giro di qualche settimana o in seguito alle procedure di stabilizzazione vertebrale (barre e viti vertebrali o altro apparato).
Il dolore più brutto è direttamente conseguente al danno midollare. Questo dolore riguarda principalmente gli arti inferiori, con sensazione di fuoco, scosse elettriche, chiodo, bruciore, crampo, a parossismi talora con percezione di posture anomale o contrazioni del piede dell’arto interessato. Il dolore può interessare una parte “assente” perché amputata. Si parla allora di sensazione di arto fantasma. Spesso si rileva la presenza di zone “trigger” o grilletto, toccando le quali si scatena una crisi dolorosa.
Quanto all’incidenza del problema, si ritiene che circa il 40% dei paraplegici sperimenti una qualche sensazione spiacevole negli arti durante la giornata. Per il 10% si tratta di dolore severo e fortemente condizionante per le attività quotidiane. Il problema è aggravato dalla necessità di una terapia farmacologia pesante, con effetti anche sulla psiche.
Le indagini sono volte alla dimostrazione del danno midollare. In primo luogo la RM evidenza la lesione e la presenza di eventuali “cisti” nella sede del danno midollare. Anche in questo caso si può riscontrare la presenza di avulsione radicolare. Lo studio elettrofisiologico con i potenziali evocati motori e sensitivi dà invece la dimensione del danno funzionale, dimostra cioè quanto impulso nervoso passa attraverso il midollo danneggiato.
La terapia medica prevede varie associazioni farmacologiche, per lo più a base di antiepilettici, antidepressivi ed antispastici. La morfina, spesso associata, è di scarsa efficacia.
Il passo terapeutico successivo può essere rappresentato dalla “neuromodulazione”, ossia tecniche di somministrazione diretta di farmaci all’interno del sistema nervoso, con pompe sottocutanee, che rilasciano il farmaco negli spazi liquorali (gli spazi ripieni di “liquor”, liquido acquoso intorno al midollo). Si tratta in genere di Baclofen o Morfina e simili. In alternativa o successivamente si può provare con la neurostimolazione, bipolare o tri e quadri polare sul midollo spinale. E’ una tecnica molto sofisticata descritta a parte e che si basa sulla stimolazione elettronica del midollo, così da interferire con la trasmissione degli impulsi dolorosi; chiude cioè il cancello. Il controllo del dolore ottenuto con questi mezzi è spesso insufficiente, ed allora è indicata la DREZ, ossia la distruzione delle corna posteriori nella parte danneggiata nel midollo spinale da cui partono impulsi dolorifici anomali.