Se un vaso “irrita” il trigemino
Il dolore, accessuale e violento, che non dà tregua, è il sintomo fondamentale della nevralgia del trigemino ed è spesso causato da un vaso che “tocca” il nervo. Il vaso preme sul nervo e lo irrita, ma il nervo è esso stesso più “sensibile” poi chè col tempo è soggetto ad usura. Infatti il rivestimento mielinico che protegge ciascuna fibra nervosa e le “isola” evitando interferenze “elettriche” con le altre si deteriora col tempo, in alcune persone più che in altre.
Il contatto con il vaso poi, e le pulsazioni che questo trasmette sul nervo, accentuano il danno della mielina. Il corto circuito con le altre fibre nervose provoca le “scosse” dolorose.
Nella maggior parte dei casi questo si verifica con l’avanzare dell’età, quando il nervo stesso ha perso parte della sua funzionalità e della sua capacità adattativa. È per questo motivo che la nevralgia del trigemino si manifesta raramente nei primi vent’anni di vita, ed appare soprattutto dopo i cinquanta anni.
In definitiva, un vaso preme sul nervo danneggiato, specie sulle “piccole fibre”, che portano la sensibilità dolorifica, e ne causa un corto circuito. Il corto circuito si manifesta come dolore “elettrico”, accessuale, violento e paralizzante nella parte alta, media o bassa del viso: la nevralgia trigeminale. Le altre forme di sensibilità sono raramente alterate, poiché le grandi fibre sono meno o per nulla danneggiate. Il dolore si accompagna a smorfie e spasmi del viso, per irritazione riflessa del nervo facciale. Col tempo, si instaura depressione, scoraggiamento e talora sfiducia nella vita.
Il “conflitto” vascolare
L’irritazione del trigemino è causato da un’arteria, e solo raramente da una vena. Il vaso è quasi sempre l’arteria cerebellare superiore (SCA), che “tocca” e “preme” sul nervo trigemino. Fu il Dr. Jannetta che notò circa trent’anni fa come allontanando il vaso dal nervo, si otteneva una scomparsa dei sintomi dolorosi. L’intervento infatti è detto decompressione microvascolare, ed è noto come “intervento di Jannetta”. L’allontanamento del vaso “interrompe” il corto circuito doloroso e fa scomparire i sintomi nella quasi totalità dei casi.
Nei casi in cui il dolore persiste, è da considerare che nella nevralgia del trigemino intervengono anche altri fattori (“l’usura” del nervo, talora la sclerosi multipla ed altri più rari). D’altro canto, benché sia il vaso che il nervo siano presenti in ognuno, non sempre si crea il conflitto; anzi, talune persone, pur con un “conflitto” evidente, non hanno il dolore del trigemino. Resta comunque vero che nella grande maggioranza dei casi, allontanando il vaso dal nervo (quasi sempre l’arteria cerebellare superiore), il dolore scompare!
L’intervento
L’intervento ideale per la nevralgia trigeminale è la “decompressione micro-vascolare”. Consiste nell’allontanamento del vaso dalla radice del trigemino. Il trigemino viene esposto aprendo il cranio dietro l’orecchio, con una piccola apertura di circa 1,5-3 cm. Si passa quindi di lato al cervelletto, si raggiunge la cisterna dell’angolo ponto-cerebellare aprendola in vicinanza del nervo acustico per svuotare di “liquor” la fossa cranica posteriore ed avere spazio di manovra intorno al trigemino. A questo punto il trigemino viene liberato dal vaso “irritante” (vedi figura) viene liberato tagliandone le aderenze aracnoidee ed “isolandolo” lontano dal nervo. Il modo più comune ed efficace è quello di sospendere il vaso su un “cuscinetto” di Surgicel fibrillare o altro materiale, ma c’è chi usa colla di fibrina ed eventualmente qualche punto. C’è anche chi aggiunge una piccola lesione al nervo, la REZ. È difficile dire se ci siano reali differenze di risultato tra queste varie metodiche.
L’intervento transcranico (decompressione microvascolare) è particolarmente indicato per le persone giovani che vogliono una maggiore probabilità di guarigione. Nelle persone più anziane è da valutare caso per caso l’immediatezza e la scarsa pericolosità dell’intervento percutaneo, contro la maggiore pericolosità dell’intervento transcranico. Per quanto riguarda il palloncino o la radiofrequenza, è probabile un’alterazione della sensibilità facciale, generalmente “accettabile”. Tale alterazione della sensibilità facciale è meno probabile col glicerolo. Anche per l’intervento transcranico talora residua un’alterazione della sensibilità facciale, quasi sempre espressione di un danno intrinseco e consolidato del nervo.
I risultati e le complicanze
I risultati della decompressione vascolare nella nevralgia trigeminale sono eccellenti con la scomparsa immediata del dolore nella maggioranza dei pazienti. A cinque anni, di 100 pazienti che hanno fatto l’intervento transcranico, 75 o più stanno ancora bene senza medicine ed il risultato si manterrà quasi sempre per tutta la durata della vita.
Le complicanze dell’intervento transcranico di decompressione microvascolare includono emorragie, deficit dell’udito dal lato chirurgico (1%), fistole (3-7 %) e infezioni. La mortalità è dello 0,3%, un rischio estremo che riguarda in genere tutte le procedure intracraniche. In termini assoluti tuttavia si può concludere che la percentuale di complicazioni è piuttosto bassa e quindi accettabile per chi soffre di dolore intrattabile o mal controllato dalla terapia medica, anch’essa con i suoi insidiosi effetti collaterali. In definitiva, l’intervento conviene, perché mette fine quasi sempre a sofferenze tormentose e devastanti per la vita di relazione.
Interventi alternativi
Questo tipo di intervento non è però indicato nelle persone anziane, oltre i 70 (a meno che non siano in buona salute) o negli ottantenni. Non è neanche indicato nelle persone ammalate di sclerosi multipla o comunque fragili. Altri optano per interventi meno invasivi e quindi considerano un intervento alternativo.